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Art. 902 - Apertura priva dei requisiti prescritti per le luci

L'apertura che non ha caratteri di veduta o di prospetto è considerata come luce, anche se non sono state osservate le prescrizioni indicate dall'art. 901.
Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme alle prescrizioni dell'articolo predetto.

Questo articolo pone una presunzione generale secondo cui una apertura con funzione di luce non diventa una veduta solo perché non osserva tutte le prescrizioni relative a altezze o a inferriate e grate.
Il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all'acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della relativa servitù, in quanto la servitù di aria e luce - che è negativa, risolvendosi nell'obbligo del proprietario del fondo vicino di non operarne la soppressione - non è una servitù apparente, atteso che l'apparenza non consiste soltanto nell'esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all'acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino in modo da fare presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima (Cass. 11343/2004).
Si dovrà quindi, in caso di dubbio, accertare se l'apertura presenta specifiche caratteristiche tali da rivelare la normale e permanente destinazione alla vista ed all'affaccio su fondo altrui e che questo possa esercitarsi senza usare particolari accorgimenti e mettere a repentaglio l'incolumità di chi si affaccia. Quindi se è stata rispettata l'altezza minima della soglia, si deve ritenere che si tratta di una semplice luce; così pure se l'apertura è ad altezza inferiore, ma munita di inferriata e grata e non sporge oltre la parete esterna.
Il vicino ha il diritto imprescrittibile di far regolarizzare la luce irregolare.
La Cassazione ha dettato regole particolari per le luci in ambito condominiale.
"Le luci che si aprono tra un vano e l'altro dello stesso edificio condominiale, quando insistono su muro comune, sono subordinate al consenso del vicino e, pertanto, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che caratterizza queste ultime, con la conseguenza che sono sottratte alla disciplina di cui agli art. 901 e segg. cod. civ., e che, in particolare, essendo condizionata al consenso del vicino, la loro permanenza nonostante il mancato consenso integra l'ipotesi tipica dell'usucapione, consistente nell'aver subito un peso sulla proprietà per il tempo occorrente alla costituzione della servitù." (Cass. 7490/2001).
Ha anche affermato che il diritto di chiudere le luci del vicino costruendo in aderenza, previsto dalla norma dell'art. 904 cod. civ., se da un lato limita il diritto di conservare la luce, stabilendo dall'altro anche le condizioni perché possa procedersi alla chiusura della luce, non può tuttavia impedire che il vicino, qualora si tratti di luce irregolare non suscettibile di essere resa conforme alle prescrizioni indicate nell'art. 901, possa pretenderne la chiusura ancorché egli, alla stregua degli strumenti urbanistici, non possa costruire in aderenza (Cass. 4084/1982).


In questo caso l'apertura di A è una feritoia con lato di 15 cm che per sua natura non consente un comodo affaccio verso B. Quindi, pur non avendo grate e pur essendo a solo due metri dal pavimento, si deve considerare una luce irregolare. B può sempre chiederne la regolarizzazione o chiuderla costruendovi contro.
Una fila di tegole sopra la feritoia, per evitare che vi entri pioggia, non cambia la situazione.

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