MORI'S HUMOR PAGE

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Il dialogo di Salomone e Marcolfo


 

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Il dialogo di

Salomone e Marcolfo

Traduzione dal latino
di
Edoardo Mori

PREFAZIONE

Nel Medioevo la figura del re Salomone era entrata largamente nella leggenda sotto l'influsso del Talmud e della Cabala che lo avevano trasformato dal saggio re biblico in una specie di mago che comanda sui demoni e che ha una discussione con il principe degli spiriti Aschmedal. In altra tradizione ebraica il contraddittore di Salomone diventa il dio pagano Marcolis (dal Mercurio latino).

Già in epoca bizantina il contraddittore è divenuto il fratello stesso di Salomone con il nome di Marcolfo o Morolfo e la saga della discussione si confonde con una seconda saga in cui Salomè (o Sulamita), moglie di Salomone, viene rapita, senza troppa sua resistenza, dal re Fore (Faraone). Marcolfo, qui valoroso e astutissimo cavaliere privo di scrupoli, dopo molte peripezie la riporta a casa; la donna si fa rapire una seconda volta da un altro principe e Marcolfo la uccide. Questa saga è stata messa per iscritto, in versi, da un ignoto poeta tedesco, attorno al 1190 con il titolo Salman und Morolf .

Qui presento invece, in una mia traduzione moderna, la saga medievale della discussione, nota come Dialogus Salomonis et Marcolfi, probabilmente del dodicesimo secolo, e che è divisa in due parti distinte. La prima parte è la sfida vera e propria tra Salomone e Marcolfo che cercano di sopraffarsi l'un l'altro con raffiche di proverbi: Salomone propone le sue elevate massime di saggezza, in larga parte letterali citazioni bibliche, e Marcolfo, rozzo e deforme villano, le deforma e stravolge con la sua astuzia scurrile; la seconda parte, con forma più narrativa, vede Marcolfo impegnato a dimostrare la sua superiorità su Salomone in piccoli episodi farseschi.

L'origine del Dialogus è molto più antica del XII secolo perché esso si trova già citato, come libro proibito, nel Decretum gelasianum del V secolo e in uno scritto di un monaco attorno all'anno 1000. La mia impressione è che il manoscritto del XII secolo, che raccoglie una lunga tradizione orale, sia di origine italiana perché non vi è alcuna parola germanica, mentre molte sono le parole medievali che poi ritroveremo nella nostra lingua: bricone, pellicia, manica, festuca, runcare, caballinus, ecc.

La seconda parte del dialogo di Salomone e Marcolfo ha ispirato molto liberamente G. C. Croce, all'inizio del 1600, per il suo Bertoldo e Bertoldino, capolavoro in cui però ben poco è rimasto dello spirito originario.

Il Dialogus fa parte a pieno titolo di quella letteratura satirica medievale, affidata più alla tradizione orale dei clerici vagantes e degli studenti che alla cultura ufficiale, che rappresentava la contestazione culturale dell'epoca al potere costituito: irrisione della religione, critica sociale alla nobiltà, più considerazione per la realtà quotidiana che non per ideali ormai divenuti luoghi comuni, contrapposizione della realtà alla retorica e all'ideale. Il testo è pieno di allusioni e mette in parodia stili biblici ed evangelici, genealogie sacre, e, prima di tutto, il metodo di insegnamento e discussione basato su vuota dialettica verbale. Ed è probabile che gli studenti dell'epoca cogliessero ben più allusioni culturali e giochi di parole di noi e si sbellicassero dalla risa.

La seconda parte del dialogo di Salomone e Marcolfo è prevalentemente dedicata alla diatriba sulla donna; da un lato Salomone che ne esalta le virtù, dall'altro Marcolfo che ne dimostra tangibilmente i gravi difetti. E non vi è dubbio che l'autore propenda per le tesi di Marcolfo perché gli argomenti di Salomone suonano molto retorici ed egli si lascia scappare di bocca ciò che veramente pensa delle donne non appena Marcolfo riesce a farlo arrabbiare! Si può forse rilevare come l'autore fosse un esperto di dialettica e tecniche di convincimento: si veda come procede abilmente Marcolfo per indurre la sorella a tradirlo, poi per far credere ad una donna che Salomone vuol dare sette mogli ad ogni marito (prima la fa sentire vittima di una decisione ingiusta, poi comunica la falsa notizia, poi tocca tutti gli argomenti più sensibili per caricare la donna al punto giusto), ed infine come Salomone trovi le parole psicologicamente più adeguate per calmare le donne adirate.

Il testo latino qui tradotto è stato pubblicato in edizione critica da W. Bernary ad Heidelberg, nel 1914 ed è stato ristampato in Italia a cura di Quinto Marini, ed. Salerno, nel 1991, con a fronte una volgarizzazione in dialetto veneto di G. B. Sessa (1502). La volgarizzazione omette alcune parti del testo latino e ne addolcisce molto la scurrilità e le critiche sociali.

La mia traduzione cerca di essere letterale, ma moderna; alcuni punti poco comprensibili (almeno per me) li ho resi cercando di mantenere lo spirito originario, più importante, per il lettore, della lettera.

                                                                                                            Edoardo Mori

PROLOGO

Quando il re Salomone sedeva sul trono del padre re Davide, colmo di ricchezze e di sapienza, si vide arrivargli davanti, dall'oriente, un uomo di nome Marcolfo, bruttissimo e deforme, ma dalla lingua sciolta. Con lui era la moglie, non da meno per repellente bruttezza e rusticità. Furono condotti entrambi, per suo ordine, avanti a lui e i due arrivati restarono lì guardandosi l'un l'altro.

La corporatura di Marcolfo era bassa e larga; aveva una grande testa e una grande fronte rossa e rugosa; orecchie pelose e pendenti fino a metà delle mascelle; occhi grandi e loschi; il labbro inferiore pendente come quello di un cavallo, la barba sordida e con setole come quella di un becco; le mani tozze con dita corte e grosse; piedi tondi, naso grosso e bitorzoluto; le labbra grandi e spesse; l'aspetto asinino e capelli come peli di becco; le scarpe ai suoi piedi oltremodo rustiche; alle reni cingeva una mezza spada e anche il fodero aveva una crepa nel mezzo ed era stata rabberciata sulla punta; il manico era fatto di legno di tiglio ornato con corno di becco. I vestiti di un colore squallido, cenciosi e stazzonati; il corpetto era corto e il camiciotto gli arrivava solo alle natiche. Le calze erano rappezzate.

La moglie era piccola, ma grassa fuor di misura, con mammelle ancor più grosse; la capigliatura era spinosa, le sopracciglia con setole come la schiena di un porco, barbuta come un becco, orecchie da asino, occhi loschi, un aspetto da biscia, carnagione rugosa e scura. Un ciondolo di piombo a forma di mosca ornava le gigantesche mammelle; le dita erano tozze e grosse, ornate di anelli di ferro; il naso egualmente grande; le gambe corte e pelose come quelle di un orso; le vesti erano pelose e lacere, le scarpe spaccate e screpolate. Di una donna siffatta, scrisse un giovane poeta:

La donna deforme sottomessa alle tenebrose forme

È una mala cosa concedere molta cura a una donna turpe,
la donna turpe sopporti il suo vizio troppo turpe.

DIALOGO
Il re Salomone, dopo averli osservati alquanto, cominciò a parlare così dicendo: "Chi siete e di che famiglia siete?".
E Marcolfo rispose: "Dimmi tu per primo la tua genealogia e i tuoi antenati; e poi io ti dirò i miei".
Salomone rispose: "Io sono della dodicesima generazione dei patriarchi; Giuda generò Phares, Phares generò Esrom; Esrom generò Aram; Aram generò Aminadab; Aminadab generò Boos; Boos generò Obed, Obed generò Isai; Isai generò il re Davide, il re Davide generò Salomone e io sono proprio quel re Salomone .
Marcolfo rispose: "Ed io sono della dodicesima generazione dei rustici; Rustico generò Rusticone; Rusticone generò Rustichino; Rustichino generò Rustichello; Rustichello generò Feccio; Feccio generò Feccione; Feccione generò Palta, Palta generò Botto, Botto generò Bottino, Bottino generò Marcio, Marcio generò Marcione, Marcione generò Marcolfo e io sono Marcolfo, il matto".
Mia moglie poi è della dodicesima generazione delle troie; Troia generò Troina; Troina generò Troiazza; Troiazza generò Baldruc, Baldruc generò Baldrac, Baldrac generò Bordelut, Bordelut generò Lordan, Lordan generò Curtan, Curtan generò Curticella, Curticella generò Cornut, Cornut generò Puttan e questa e Puttan che è la moglie mia".
Salomone disse: Capisco che tu sei loquace e astuto, sebbene villano e bruttissimo. Ed allora dobbiamo discutere assieme. Io ti interrogo e tu mi risponderai a tono.
Marcolfo rispose: Chi canta peggio cominci per primo.
Salomone: Se saprai rispondere a tutte le mie parole, di farò ricco di molti beni e sarai famoso nel mio regno.
Marcolfo rispose: Il prete promette la salute, ma non sta in suo potere.
S: Io fui un buon giudice tra due meretrici che in una casa avevano soffocato un bambino.
M: Dove ci sono oche ci sono cause e dove ci sono donne ci sono discussioni.
S: Il Signore ha messo la sapienza nella mia bocca e non è nessuno pari a me nei confini della terra.
M: Chi ha cattivi vicini, si loda da se stesso.
S: Il delinquente fugge anche se nessuno lo insegue.
M: Quando il capriolo fugge, si vede il suo culo che diventa bianco.
S: La donna bella e buona è l'ornamento de marito.
M: La pignatta piena di latte deve essere ben custodita, che non ci vada il gatto.
S: La buona donna è cosa migliore sopra ogni altra; la donna cattiva è cosa peggiore sopra ogni altra; alla donna cattiva non credere neppure quando è morta.
M: Spaccale le ossa e sotterrala in una fossa; allora solo puoi scherzare tranquillo sulla sua morte!.
S: La donna saggia edifica la casa; la donna sciocca la distrugge con le sue mani.
M: La pignatta ben cotta dura di più e chi merda scioglie, merda beve.
S: La donna timorata di Dio va lodata.
M: Il gatto con una bella pelliccia va scuoiato.
S: La donna pudica è degna di essere molto amata.
M: La vacca che dà latte deve essere conservata al povero.
S: Una donna costante, chi la troverà mai?
M: Un gatto affidabile per custodire il latte, chi lo troverà mai?
S: Nessuno.
M: E la donna rare volte.
S: La donna con un bel corpo ed onesta deve essere conservata come la cosa più desiderabile al mondo.
M: La donna grassa e grossa scoreggia più forte.
S: Tieni i piedi lontani da una donna litigiosa.
M: Tieni il naso lontano dal culo che scoreggia
S: Bene si addice un bianco velo sul capo della donna bella.
M: Sta scritto: la pelliccia non è sempre eguale alle maniche; sotto il velo bianco spesso si nasconde la tigna.
S: Chi semina ingiustizia raccoglie disgrazie.
M: Chi semina paglia, raccoglie miseria.
S: Chi sta in piedi, badi di non cadere.
M: Chi si fa male al piede guarda la pietra.
S: La dottrina e la sapienza devono trovarsi nella bocca del saggio.
M: L'asinello deve sempre stare nel campo. Dove pascola, lì rinasce l'erba; dove pascola una pianta ne rinascono quaranta, dove caca, lì semina; dove piscia, lì adacqua, dove si rivolta, lì rompe le zolle.
S: Altri ti lodi e non la tua bocca!.
M: Se mi denigro da me stesso non piacerò mai a nessuno.
S: Cosa lussuriosa è il vino e tumultuosa l'ebbrezza.
M: Il povero che è ubriaco e si crede ricco, è digiuno.
S: Chi sa aspettare ottiene ciò che desidera.
M: La cagna grassa partorisce i cagnolini ciechi e anche l'ano le scende tutto in basso.
S: Non mangiare troppo miele.
M: Chi castra le api si lecca le dita.
S: Nell'anima malvagia non entrerà mai sapienza.
M: Quando metti un cuneo del legno duro, stai attento che non rimbalzi e ti sbatta in un occhio.
S: È duro resistere agli stimoli.
M: Il bue che recalcitra deve essere pungolato due volte.
S: Fra buoni e cattivi si riempie la casa.
M: Fra chiappe e merda si riempie la latrina.
S: È meglio avere un danno di nascosto che una vergogna in pubblico.
M: Desidera bere merda chi bacia il culo al cane.
S: Vuol fare dell'elemosina chi desidera che il servo altrui sia ingegnoso.
M: Chi castra un pazzo, desidera bere merda recente.
S: Chi dona con gioia, Dio lo ama.
M: Poco lascia al servo chi lecca il proprio coltello.
S: Dodici manenti fanno una villa.
M: Dodici contorsioni fanno una scoreggia.
S: Dodici vicari fanno una contea.
M: Dodici scoregge fanno uno stronzo.
S: Dodici conti fanno un ducato.
M: Dodici stronzi fanno una palata di merda.
S: Dodici duchi fanno un regno.
M: Dodici palate fanno una tinozza di merda
S: Dodici regni fanno un impero.
M: Dodici tinozze fanno una carrettata.
S: Istruisci tuo figlio fin dall'infanzia e insegnagli a comportarsi bene.
M: Chi nutre bene la sua vacca, mangia spesso latte.
S: Chi nutre con delicatezza il servo fin dall'infanzia, poi se lo troverà arrogante.
M: Il servo sciocco considera sempre fetidi gli onori.
S: Ogni cosa ritorna alla propria natura.
M: La pianta della ginestra ritorna scopa.
S: I quattro evangelisti sostengono il mondo.
M: Quattro supporti sostengono la latrina, affinché non cada chi ci siede sopra.
S: Chi dice ciò che sa è giudice della giustizia e della verità.
M: Il vescovo che tace, diventa frate portinaio.
S: Una borchia nera su di uno scudo bianco, sta molto bene.
M: Un culo nero tra natiche candide, sta molto bene.
S: Si deve sempre onorare il maestro e temere la punizione.
M: Chi unge la bocca al suo giudice, suole poi castigare il proprio asino.
S: La luna conclude il suo corso entro trenta giorni.
M: Uno stelo tanto cresce in un anno, tanto cade in un giorno.
S: Non contrastare l'uomo potente e l'acqua controcorrente.
M: Chi scortica un avvoltoio, spela un duro uccello.
S: Facciamo ammenda dei nostri peccati che abbiamo commesso per ignoranza.
M: Quanto ti pulisci i piedi e il culo, non fai altre cose.
S: Non ingannare nessuno con dolci parole persuasive.
M: Mangia per il suo ingegno colui che saluta chi sta mangiando.
S: Scaccia il beffardo e se ne andrà con lui la discordia e cesseranno litigi e insulti.
M: Scaccia l'aria dal ventre e con essa uscirà la merda e cesseranno le contorsioni e i peti.
S: Non avere a che fare con persona litigiosa.
M: Ben gli sta che venga mangiato dai cani a chi si mescola coi ladri.
S: Tra due monti troverai una valle.
M: Tra due cosce spesso si nasconde una grande fica.
S: Sono molti che non sanno cosa sia la vergogna.
M: Molti vivono con gli uomini, eppure sono simili a cani.
S: Vi sono molti che rendono male per bene ai loro benefattori e li odiano.
M: Chi dà al cane altrui il pane, avrà una brutta sorpresa; questo è il ringraziamento per chi sveglia chi dorme.
S: Non è un vero amico chi non è costante nell'amicizia.
M: La merda del vitello non fuma a lungo.
S: Chi vuol abbandonare un amico trova di certo un motivo.
M: La donna che non te la vuol dare, dice d'aver la rogna al culo.
S: La parola del re deve essere immutabile.
M: Chi ara con la volpe torna a casa presto.
S: Le radici del rafano sono buone ad un pranzo, ma puzzano nel consiglio.
M: Chi magia rafano tossisce di sotto e di sopra.
S: Non venire a patti con un uomo litigioso.
M: Se concedi tre once al contadino vizioso, non gli fai il cuore docile.
S: Va in niente la fama se il sentimento non vigila.
M: Perde la sua freccia chi tira ai giunchi.
S: Chi chiude le sue orecchie alle grida dei poveri, invocherà invano la grazia di Dio.
M: Perde le sue lacrime chi piange davanti al giudice.
S: Soffia vento del nord e tu vieni vento del sud e soffiate tutti attraverso il mio giardino affinché si spargano i suoi profumi.
M: Quando piove dal nord, cade la casa alta e chi ha l'ernia non è molto sano.
S: La morte e la povertà non cercare di nasconderle.
M: Chi nasconde l'ernia, gli vengono mali maggiori.
S: Il mio ventre duole e ribolle.
M: Vai al cesso e premi bene col ventre; il culo vomita ciò che fa ribollire il ventre.
S: Chi è cattivo con se stesso, con chi sarà buono?
M: Colui a cui piace l'ernia, deve essere un disonesto.
S: Se l'ira di un potente monterà contro di te, non lasciare il tuo posto.
M: Quando l'ernia s'ingrossa, i coglioni marciscono; quando verrà la pioggia, se ne fuggirà l'estate.
S: Quando siedi alla tavola del ricco, guarda con attenzione ciò che ti viene messo davanti.
M: Tutto ciò che viene scodellato si dirige verso la pancia e lì finisce.
S: Quando ti siedi a tavola, stai attendo a non iniziare a mangiare per primo.
M: Chi siede nel posto più in alto, deve essere il primo a mangiare.
S: Se il forte sopraffarà il debole, si prenderà tutti suoi beni.
M: Il gatto vede volentieri colui a cui lecca la barba spontaneamente.
S: Se mai un giorno avrai avuto la vittoria su di un nemico, guardati di non cadere nelle sue mani.
M: Chi riposa d'estate lavorerà d'inverno.
S: Spesso all'uomo empio capita ciò che teme.
M: Chi fa male e spera bene, s'inganna molto.
S: Il pigro smise di arare perché faceva freddo; e così d'estate chiedeva l'elemosina e non gli veniva data.
M: Il cane nudo non trova luogo ove mordere.
S: Chi teme la brina, sarà coperto di neve.
M: Chi ha paura degli steli non caga nelle stoppie.
S: La gloria dello stolto è molto indecente.
M: Ad un culo scabbioso ben si adattano ulcere porcine.
S: Chi renderà la sua parte peggiorata, sia messo a morte.
M: Una soma equilibrata non rompe la schiena.
S: La bocca bugiarda non abbonda di verità.
M: Chi è abituato ad averla bocca petulante, se non gli giova dir male, dice bene.
S: Lo studio rende il maestro benevolo.
M: Le mani abituate vanno verso la caldaia.
S: L'amico e il medico si provano in caso di bisogno.
M: Aiuta e non nuoce; beve più spesso chi ama le cantine.
S: I litigiosi ed i garruli devono essere scacciati dalla compagnia degli onesti.
M: La donna arrabbiata e la padella bucata mandano in rovina la casa.
S: Chi disprezza il poco non merita di ricevere il tanto.
M: La fica trascurata e il cane senza cena, vanno a letto tristi.
S: Non rimproverare il beffardo perché non ti odi.
M: La merda, più si muove più puzza.
S: Non scegliere a chi far del bene.
M: Ci rimette la sua fatica chi ingrassa il culo di un grasso porcello.
S: Per amore di Dio dobbiamo far buon viso a tutti.
M: Se ami chi non ti ama, sprechi la tua benevolenza.
S: Non dire al tuo amico "vai e torna domani che ti darò ciò che vuoi", se glielo puoi dare subito.
M: "Lo farò un'altra volta", dice chi non ha l'attrezzo adatto.
S: Non disprezzare le sobrie preghiere della moglie.
M: Quando tua moglie vuol essere scopata, non negarglielo, perché ne ha bisogno.
S: L'ubriaco di vino non sa quando è il momento di tacere.
M: Il culo rotto non ha padrone.
S: Molti essendo poveri desiderano possedere ricchezze.
M: Mangia ciò che hai e guarda ciò che avanza.
S: Ci sono molti che fanno la fame e tuttavia si fanno una moglie.
M: Un poveraccio non aveva pane e tuttavia si comprò un cagnetto.
S: Rispondi allo stupido secondo la sua stupidità, affinché non creda di essere saggio.
M: La pietra risponde con l'eco a ciò che ha sentito.
S: L'ira non ha pietà e perciò chi parla adirato, fa del male.
M: Non dire per ira cose cattive al tuo amico, se non vuoi pentirtene quando ti sarai calmato.
S: La bocca del nemico non dice la verità e dalle sua labbra non può uscire alcuna verità.
M: Chi non ti ama ti diffama; e chi vuol perdere il suo cane per rabbia, gli mette un nome.
S: Considera bene ciò che prometti, ma poi dai più di quanto hai promesso.
M: Fai il passo lungo quanto te lo consente il saio.
S: Danne al saggio l'opportunità e gli si accrescerà la sapienza.
M: Riempiti la pancia e ti aumenterà la merda.
S: A chi ama la sapienza, si accresce la sapienza.
M: Lascia che il culo scoreggi ed esso si scuoterà da solo.
S: Il buon pranzo e il cattivo pranzo sono ricchi di zuppe.
M: Le zuppe rendono la bocca tenera e il culo vischioso.
S: Dormi tanto che basti.
M: Chi può dormire e non lo fa è rovinato dalla sua pigrizia.
S: Noi siamo sazi, ne sia resa grazie a Dio.
M: Gioisce il merlo e gli risponde il cuculo; però non cantano allo stesso modo l'uccello sazio e l'uccello digiuno.
S: Mangiamo e beviamo, ché tutti dobbiamo morire.
M: Muore allo stesso modo chi è sazio e chi è affamato.
S: Quando un uomo suona l'arpa non può far discorsi.
M: Quando il cane caga, non può abbaiare.
S: Ora che abbiamo saziato la bassezza della pancia, andiamo a dormire.
M: Si gira e rigira e mal dorme chi non mangia.
S: Quando un amico povero ti fa un piccolo dono, prendilo e ricordati di lodarlo molto.
M: Il castrato dà alla sua vicina ciò che ha.
S: È meglio sedere in un angolo da soli che con una moglie litigiosa.
M: Il topo che non può andare nel suo buco, si lega un martello alla coda.
S: Non frequentare persone cattive e litigiose perché potresti trovati in pericolo a causa loro.
M: L'ape morta non caga miele.
S: Se farai amicizia con un uomo malvagio ed astuto, ti porterà più guai che benefici.
M: Alla lupa piace ciò che fa il lupo.
S: Chi risponde prima di aver ascoltato, dimostra di essere uno sciocco.
M. Se uno ti punge, tira il piede indietro.
S: Ogni animale sceglie il suo simile.
M: Il cavallo rognoso cerca il suo simile e si attaccano la rogna l'un l'altro.
S: L'uomo misericordioso fa un gran bene alla propria anima.
M: Rifiuta un gran dono chi non conosce se stesso.
S: Chi fugge dal lupo incappa nel leone.
M: Di male in peggio, dal cuoco al fornaio.
S: Stai attento che nessuno ti faccia del male, ma se te lo fa, non glielo rendere.
M: Non fidarti dell'acqua cheta e dell'uomo taciturno.
S: Non tutti possono fare di tutto.
M: È scritto in breve: chi non ha cavallo vada a piedi.
S: Un discorso gentile spezza l'ira; uno scortese suscita la collera.
M: Se non puoi adirarti con una persona, non comportarti come se gli volessi nuocere.
S: Il cuore puro non teme nulla.
M: Chi fascia un dito sano, sano lo sfascia.
S: Se ti capita una disgrazia non protestare, ma ringrazia Dio e sopporta con pazienza.
M: Di mala voglia bacia il malanno chi si trova in bocca il danno.
S: Il ragazzo di cento anni sarà maledetto.
M: È troppo tardi mettere alla catena il cane vecchio.
S: A chi ha già verrà dato ancora e ne avrà in abbondanza.
M: Guai a chi ha pane e non ha denti.
S: Davanti alla bocca del forno non nasce erba; e se nasce subito secca per il calore del fuoco.
M: Nel culo non nascono peli; e se nascono, subito bruceranno a causa delle acque calde che scorrono per il canale vicino.
S: Guai all'uomo dal cuore doppio e che tiene il piede in due scarpe.
M: Chi vuol seguire due strade deve rompersi il culo o le braghe.
S: Come il melo tra gli alberi del bosco, così la mia amata tra le fanciulle.
M: Il miele si dà a chi sta male.
S: Per le orecchie sei sciocco e famoso; per il resto del corpo sei sordido.
M: Quando trovi un tale matto, baciagli la bocca o mordigli il culo.
S: La bocca dice ciò che riempie il cuore.
M: Per la pienezza delle pancia, trionfa il culo.
S: Due buoi tirano alla pari un solo giogo.
M: Due stiramenti vanno ad un solo culo.
S: La donna bella è l'ornamento del marito.
M: Ha il collo bianco come una colomba e il culo nero come una talpa.
S: Nella tribù di Giuda piccola è la parentela e il Dio di mio padre mi fece re del suo popolo.
M: Riconosci la tovaglia perché è fatta di stoppa.
S: La necessità fa peccare l'uomo giusto.
M: Il lupo catturato e rinchiuso o caga o morde.
S: Stai molto attendo a non dare a chi ti è amico caro un dono da poco.
M: Se al tuo amico doni malvolentieri, perdi l'amico e il dono.
S: Mi basterebbe un onore temporaneo, solo che Dio avesse sottomesso tutto il mondo al mio potere.
M: Non si riesce a dare tanto pane al cane quanto ne implora la sua coda.
S: Chi arriva tardi a tavola, non riceve cibo.
M: Il ghiottone non mangia tutto.
S: Se tua moglie ti è stata molesta, non temere.
M: Al pastore gentile il lupo caga lana.
S: Chi ha una cattiva moglie non può star sicuro
M: Chi ha un cavallo bizzoso non deve lasciarlo in ozio.
S: Non sta bene che lo sciocco faccia gran discorsi.
M: Non sta bene che il cane porti la sella.
S: Batti i fianchi a tuo figlio finché son teneri.
M: Chi bacia l'agnello, ama il montone
S: Il cielo che si rannuvola vuol portar pioggia.
M: Il cane che scoreggia vuol cagare.
S: Tutti i sentieri portano ad una sola strada.
M: Tutte le vene finiscono in un solo culo.
S: A un uomo buono una buona moglie.
M: A una buona cena segua una buona cagata.
S: Ben ci sta una bella moglie vicino a suo marito.
M: Ben ci sta una pignatta accanto ai tizzoni.
S: Ben ci sta una spada al mio fianco.
M: Ben ci sta uno stronzo vicino alla mia siepe.
S: Quanto più importante sei, tanto più umile in ogni cosa devi essere.
M: Cavalca bene chi cavalca con i suoi pari.
S: Beato l'uomo che sempre teme.
M: Troppo tardi grida chi viene strangolato dal lupo.
S: L'uomo sospettoso non ha mai pace.
M: Il cornuto subisce doppiamente: il danno e le beffe.
S: Il figlio saggio è la consolazione del padre; lo sciocco invece rattrista la madre.
M: Chi è lieto canta in modo diverso di chi è triste.
S: Chi semina poco, poco miete.
M: Più gela, più si stringe.
S: Fai del bene all'onesto e ne avrai una grande ricompensa; e se non da lui, di sicuro dal Signore.
M: Tratta bene la tua pancia e nei avrai dei gran rutti; e se non dalla bocca, di sicuro dal culo.
S: Medita prima di fare qualunque cosa e dopo non te ne dovrai pentire.
M: È ben ammalato anch'egli chi assiste un ammalato.
S: Ogni tempo ha il suo tempo.
M: Oggi è un giorno e domani è un altro giorno, dice il bue che insegue la lepre.
S: Sono stanco dal gran parlare; ora riposiamoci.
M: Io non smetterò di parlare.
S: Non posso parlare di più.
M: Se non puoi più parlare, ammetti umilmente la tua sconfitta e dammi ciò che hai promesso!

Allora Banaias, filio di Iosaide e Zabud, amico del re e Adoniram figlio di Abda, che era addetto all'erario, dissero a Marcolfo: " Tu vorresti quindi essere il terzo nel regno del nostro signore? Prima che ciò avvenga caveremo gli occhi dalla tua maledetta testa. È meglio che tu dorma con gli orsi del nostro padrone che essere elevato ad un qualsiasi onore".
Ad essi così rispose Marcolfo: "Che cos'è che sta attaccato al culo se non le caccole?". "A che serve allora che il re mi abbia fatto una promessa?".

Allora Benhur e Bendecar e Benesed e Benabinadab e Bana e Bengabet e Achinadab e Achimaas e Baana e Josophat e Semei e Gaber, i dodici suoi prefetti. dissero: "Perché questo matto dà fastidio al nostro re e signore? Perché non viene ben battuto con pugni e fracassato a bastonate e poi non viene cacciato dal cospetto del nostro signore?
Il re Salomone allora così disse: " No, non si fa così; gli venga dato da mangiare bene e poi se ne vada in pace".
Rispose Marcolfo: "Ho capito abbastanza di ciò che avete detto. Ma io continuerò a ripetere che dove non c'è legge non c'è re".

PARTE II
Cap. I

Avvenne ora un giorno che il re Salomone, tornando assieme ai suoi cacciatori, e con una gran quantità di cani, da una caccia a inseguimento, si trovò a passare davanti all'abitazione del matto Marcolfo. Quando gli fu detto dai presenti che quella era la casa di Marcolfo, vi si diresse dentro stando a cavallo e con la testa chinata sotto l'ingresso chiese chi ci fosse dentro. Marcolfo che sedeva accanto al fuoco e sorvegliava una pentola piena di fave, rispose: "Qui dentro ci sono un uomo intero, un mezzo uomo e una testa di cavallo; e quanto più salgono tanto più scendono".
Salomone ribatte: "Ma che cosa vai dicendo?".
Risponde Marcolfo: "L'uomo intero sono io stesso che siedo qui dentro; il mezzo uomo sei tu che stai seduto fuori sul cavallo e guardi dentro; la testa del cavallo è quella del cavallo su cui tu siedi".
E Salomone ancora: "E chi è che sale e scende?".
E Marcolfo: "Le fave che bollono nella pignatta".
Salomone gli chiede: "E dove sono tuo padre e tua madre, tuo fratello e tua sorella?".
Marcolfo: "Mio padre da un danno ne sta facendo due. Mia madre sta facendo alla sua vicina ciò che essa non potrà più fare a lei. Mio fratello sta fuori dalla casa e ammazza tutti quelli che trova. Mia sorella infine sta seduta nella stanza da letto e piange per ciò che l'ha fatta ridere durante l'anno".
Salomone: "Che vogliono mai dire queste cose?".
Marcolfo: "Mio padre è nel suo campo e, volendo chiudere ai passanti un sentiero, vi mette dei rovi in mezzo e così i passanti passano di qua e di là e invece di un sentiero ne fanno due; e così di un danno ne fa due. Mia madre chiude gli occhi alla sua vicina che sta morendo e che non le potrà mai fare la stessa cosa. Mio fratello sta seduto davanti alla casa al sole, con i suoi panni stesi davanti a lui, e tutti i pidocchi che trova li ammazza. Mia sorella infine, l'anno scorso se l'è intesa con un certo giovane ed ora che è incinta piange per le risate di allora quando scherzavano e si accarezzavano e si baciavano".

Cap. II

E Salomone continuò: "Tutto bene, ma o villano, da dove ti viene tutta questa malizia?".
Marcolfo: Al tempo di tuo padre Davide, quando eri un bambino, i medici di tuo padre, per fare delle medicine, presero un avvoltoio e mentre le sue membra vennero impiegate per le loro necessità, Bersabea, tua madre, ne prese il cuore e lo mise sul fuoco sopra una crosta di pane e poi te lo diede da mangiare e a me, che mi trovavo nella cucina, gettò la crosta. Io quindi mangiai la crosta imbevuta del grasso dell'avvoltoio; e così da essa è venuta a me la malizia, così come a te, per aver mangiato il cuore dell'avvoltoio, è venuta la sapienza.
Salomone: "Così Dio ti ha aiutato! A me egli apparve a Gabaon e mi riempì di saggezza".
Marcolfo: "Taluno dice di essere saggio e considera se stesso uno sciocco".
Salomone: "Non hai sentito quali ricchezze mi ha donato Dio oltre alla saggezza?".
Marcolfo: L'ho sentito. E so che Dio fa piovere dove vuole lui".

Cap. III

Allora Salomone disse sorridendo: "I miei uomini mi aspettano fuori della casa; non posso fermarmi di più. Ma va' e di' a tua madre che mi porti una pentola piena del latte della miglior vacca che ha e che la pentola sia coperta anch'essa di vacca; e me la porterai tu stesso". "Così sia" rispose Marcolfo.
Il re Salomone ripartì verso Gerusalemme, al suo palazzo, con grande rumore del suo seguito, e vi fu accolto come grande e ricco signore.
La madre di Marcolfo, a nome Flocenna, presa una pentola piena di latte, vi pose sopra una focaccia bianca fatta con lo stesso latte e la mandò al re affidandola al figlio Marcolfo.
Marcolfo se ne va quindi per un sentiero di un prato, estenuato per il gran caldo estivo, e vede a terra lo sterco di una vacca; subito allora posa per terra la pentola, si mangia la focaccia e copre la pentola con lo sterco. Quando poi si presenta al re Salomone con la pentola coperta dallo sterco di vacca, Salomone gli chiede: "Perché la pentola è coperta in questo modo?".
Marcolfo: "Ma non sei stato tu, o re, a comandare che il latte di vacca fosse coperto di vacca? Questo sterco non è forse di una vacca?".
E Salomone: "Ma io non la intendevo così".
Marcolfo: "Ma io l'ho capita così".
Salomone: "Meglio sarebbe stata una focaccia impastata col latte".
Marcolfo: "E così era, ma poi la fame ha mutato l'ingegno".
Salomone: "In che modo?".
Marcolfo: "Io sapevo che tu non avevi bisogno di pane e io sì e ho mangiato la focaccia impastata con il latte e per lo stesso ingegno ho messo lo sterco della vacca sulla pentola".

Cap. IV

Salomone: "Finiamola con questa faccenda! Però se questa notte tu non veglierai bene come me, domani dovrai fare a meno della tua testa".
Marcolfo: "Le mie lodi!".
E così, fattasi sera, il re Salomone e Marcolfo se ne stavano seduti assieme e dopo poco Marcolfo cominciò a dormire ed a russare. Salomone gli disse: "Che fai Marcolfo, dormi?". Marcolfo: "Non dormo, ma penso". Salomone: "A che cosa pensi?". Marcolfo: "Penso che nella coda della lepre ci sono tante giunture quante nella schiena". Salomone: "Se non me ne dai la prova, sarai condannato a morte".
Poi Salomone se ne stette zitto e Marcolfo ricominciò a dormire ed a russare. Salomone gli disse "Che fai Marcolfo, dormi?". Marcolfo: "Non dormo, ma penso". Salomone: "A che cosa pensi?". Marcolfo: "Penso che in una gazza vi sono tante penne bianche quante penne nere". Salomone: "Se non me ne dai la prova, sarai condannato a morte".
Poi Salomone se ne stette zitto e Marcolfo ricominciò a dormire ed a russare. Salomone gli disse "Che fai Marcolfo, dormi?". Marcolfo: "Non dormo, ma penso". Salomone: "A che cosa pensi?". Marcolfo: Penso che sotto il cielo non vi è cosa più bianca del giorno". Salomone: "Forse vuoi sostenere che il giorno è ancora più bianco del latte?". Marcolfo: "Proprio così". Salomone: "Me lo devi provare".
Dopo di ciò Salomone, sempre sveglio, taceva e Marcolfo ricominciò a dormire ed a russare. Salomone gli disse "Che fai Marcolfo, dormi?". Marcolfo: "Non dormo, ma penso". Salomone: "A che cosa pensi?". Marcolfo: "Penso che nessuno è mai sicuro se crede alle donne". Salomone: "Ed anche di questo mi devi dar la prova".
Dopo di ciò Salomone, sempre sveglio, taceva e Marcolfo ricominciò a dormire ed a ronfare. Salomone gli disse "Che fai Marcolfo, dormi?". Marcolfo: "Non dormo, ma penso". Salomone: "A che cosa pensi?". Marcolfo: Penso che abbia maggior forza la natura che l'insegnamento". Salomone: "Se non proverai questo sarai condannato a morte".
E così, passata la notte, Salomone, stanco per la veglia, se ne andò a letto.

Cap. V

Allora Marcolfo, lasciato il re, se ne corre rapidamente da sua sorella Fusuda e, facendo finta di essere molto triste, le disse: Il re Salomone ce l'ha con me e non posso più sopportare le sue minacce ed ingiurie. Ma adesso io prendo un coltello e lo nascondo sotto il vestito e oggi vado da lui che non sospetta, glielo pianto nel cuore e lo ammazzo. E tu cara sorella Fusada, ti prego di non accusarmi e di mantenere il segreto e di non dirlo neppure a mio fratello Busardo".
E Fusada gli rispose: "Caro fratellino Marcolfo, non temere, che io certo non ti tradirò, a costo della mia testa".
Dopo di ciò Marcolfo tornò quatto quatto alla corte del re.

Cap. VI

Quando il sole si levò ed illuminò la terra, la corte del re si riempì di gente e Salomone, alzatosi da letto, sedette sul trono nel suo palazzo. Per ordine suo venne cercata una lepre e gli venne portata; e Marcolfo mostrò, contandole, che le giunture della coda erano tante quanto quelle della schiena.
Poi venne cercata una gazza e gli venne portata; e Marcolfo davanti al re mostrò, contandole, che tante erano le penne nere quante quelle bianche.
Allora Marcolfo, senza che il re ne sapesse nulla, mise una secchia piena di latte in una camera e, dopo aver chiuso tutte le aperture, così che non vi entrasse neppure un filo di luce, chiamò il re. Quando i re fece per entrare nella stanza, mise il piede dentro alla secchia piena di latte e sarebbe caduto se non si fosse tenuto con le mani. Salomone tutto adirato, cominciò a gridare: "Maledetto, che diavolo hai fatto?". Marcolfo: "Non ti arrabbiare, o re! Non sei stato tu a dire che il latte è più bianco del giorno? Ed allora perché non hai visto il secchio davanti ai tuoi piedi, così come lo avresti visto di giorno? Giudica equamente, che davvero io non ti ho fatto torto in nulla". Salomone: "Dio ti maledica! La mia veste è inzuppata di latte, il mio collo si deve essere rotto per colpa tua e tu non mi avresti fatto alcun torto?". Marcolfo: "Un'altra volta stai più attento; ed ora siediti e rendimi giustizia per ciò che ora di dirò".

Cap. VII

Quando il re si fu seduto, Marcolfo gli disse: "Ho una sorella di nome Fusada che fa la puttana ed è rimasta incinta e disonora tutto il mio parentado e ciò nonostante pretende una quota dell'eredità paterna. Salomone disse: "Si chiami avanti a noi tua sorella e sentiamo che cosa ha da dire. Nessuno deve essere giudicato in sua assenza". Dunque Fusada fu convocata davanti al re e Salomone sorridendo disse: "Questa deve essere proprio la sorella di Marcolfo!". Infatti la sagoma di Fusada era corta e grossa, e ancora più grossa per avere la pancia incinta, con natiche grandi e storpia da entrambi i piedi, con faccia, occhi e taglia quali quelli di Marcolfo.
Disse allora Salomone a Marcolfo:" Di', che cosa vuoi da tua sorella". E Marcolfo si alzò e disse avanti a tutti: "Dichiaro pubblicamente, o re, che questa mia sorella fa la puttana ed è incinta, come puoi vedere, e disonora tutta la mia famiglia e, per di più, vuole una parte della mia eredità. Perciò ti prego di ordinare che non prenda alcuna parte di detta eredità".
Udendo ciò Fusada, tutta infuriata, incominciò a dire: "Maledetto ruffiano, perché mai non dovrei avere la mia parte di eredità? Forse che Marcol non ha generato te come me? Forse che Flocenna non fu madre tanto a te come a me? ".
E Marcolfo rispose : "Non avrai l'eredità perché sarai condannata per le tue colpe".
E Fusada allora disse: "Non sarò io ad essere condannata, perché se ho peccato mi correggerò. Ma giuro su Dio e sulle sue virtù: se non mi lasci in pace, racconterò delle cose che il re ti farà morire impiccato".
Marcolfo: "Sordida puttana, e che cosa mai vuoi raccontare; io non ho mai fatto male a nessuno".
E Fusada: "Hai peccato moltissimo perché vuoi uccidere il re mio signore. E se non mi credete, cercate il coltello sotto il suo vestito".
Tutta la gente del re cercò il coltello senza trovarlo e allora Marcolfo disse: "Non ho detto forse la verità o re, quando dissi che non bisogna fidarsi delle donne". E siccome tutti si misero a ridere, il re Salomone disse: "Fai ogni cosa con grande ingegno, Marcolfo". E Marcolfo: "Non è ingegno; ma mia sorella ha reso pubblico ciò che io le ho fatto credere con inganno e ha detto ciò che credeva essere vero".
E poi gli chiese il re Salomone: "E come mai hai detto che vale più la natura che l'insegnamento?" Marcolfo: "Aspetta ancora un poco e te lo proverò prima che tu vada a dormire".

Cap. VIII

E così, passata la giornata ed avvicinandosi l'ora di cena, il re Salomone si sedette a tavola con tutto il suo grande seguito. E Marcolfo si sedette assieme agli altri mettendo tre topi nella manica della sua veste. Vi era infatti nella reggia di re Salomone un gatto che era stato ammaestrato in modo che ogni sera, mentre il re mangiava, stava ritto sulle zampe di dietro tenendo di fronte a tutti una lucerna con le zampe anteriori. Quando tutti ormai avevano finito di cenare, Marcolfo lasciò andare uno dei topi; quando il gatto lo vide, voleva inseguirlo, ma un grugnito del re lo trattenne. Avvenuta la stessa cosa con il secondo topo, Marcolfo liberò il terzo; e appena il gatto lo vide, smise di tenere la candela, buttandola, e correndo dietro al topo lo catturò. E a questo punto Marcolfo disse al re; "Ecco fatto, o re, di fronte a te ho provato che più vale la natura che l'insegnamento".
Al che il re Salomone disse ai suoi servi: "Cacciate costui dal mio cospetto e se dovesse tornare, mandategli contro tutti i miei cani". Marcolfo allora rispose: "Ecco ora posso ben dire con sicurezza che è una cattiva corte quella dove non c'è giustizia". E dopo essere stato cacciato fuori comincio a dire tra sé: "In un modo o nell'altro il sapiente Salomone non avrà pace dal briccone Marcolfo.

Cap. IX

E così il giorno dopo Marcolfo, alzatosi da letto, cominciò a pensare come potesse entrare nella reggia del re senza che i cani del re lo mangiassero. Messosi in viaggio comprò una lepre viva e la nascose sotto la sua veste; dopo di che tornò alla corte del re. I servi appena lo videro gli mandarono i cani contro. Marcolfo lasciò scappare la lepre. Subito i cani trascurarono Marcolfo e si misero ad inseguire la lepre. E Marcolfo poté arrivare fino al re che al vederlo gli disse "Chi ti ha lasciato entrare?". E Marcolfo: "La mia astuzia, non la tua benevolenza".

Cap. X

E Salomone gli disse: "Stai attento oggi a non sputare se non sulla nuda terra". Il palazzo però era tutto coperto di tappeti e le pareti di tendaggi. Marcolfo aveva molta tosse e per il parlare la sua bocca era strapiena di saliva, e guardandosi in giro vide un uomo calvo che stava vicino al re. Trovandosi in grande angustia perché non vedeva alcun tratto di nuda terra su cui poter scaracchiare, raccolse la saliva nella bocca e con grande impeto la sputò sulla fronte di quest'uomo calvo. Subiti questo calvo, tutto arrossato per l'ira, si pulì la fronte e si gettò ai piedi del re lamentandosi di Marcolfo.
Disse allora il re a Marcolfo: "Perché hai imbrattato la fronte di quest'uomo calvo?". Marcolfo: "Io non l'ho imbrattato, ma l'ho concimato. Nella terra sterile bisogna mettervi letame in modo che le biade crescano più abbondanti." Salomone: "Ma che c'entra questo col calvo?" Marcolfo: "Non sei stato tu oggi a ordinarmi di non sputare se non sulla nuda terra? Io ho visto la fronte di costui priva di capelli, ho pensato che fosse nuda terra e ci ho sputato sopra. Non deve certo arrabbiarsi per questo, perché l'ho fatto per il suo bene. Se la sua fronte verrà irrigata spesso in questo modo, i capelli rinasceranno.
Salomone: "Dio ti confonda! Forse che i calvi non sono più onesti degli altri? La calvizie non è un difetto, ma indice di altri onori". Marcolfo: "Non sono d'accordo perché la calvizie è il luogo dove si divertono le mosche. Guarda un po', o re, come le mosche inseguono piuttosto la fronte di questo calvo che le altre fronti di quelli coi capelli. Esse credono infatti che sia una qualche specie di vaso tondo pieno di qualche bevanda o una pietra intrisa di roba dolce e perciò infestano la sua fronte.
A queste parole di fronte al re, disse il calvo: "Come può questo sporco ruffiano essere ammesso davanti al re mio signore e offenderci e confonderci? O stia zitto o sia cacciato via!".
Marcolfo dice: "Facciamo pace! Starò zitto".

Cap. XI

Frattanto due puttane erano venute dal re Salomone portando un bambino che si contendevano vivacemente. L'una diceva "il bambino è mio"; l'altra rispondeva "tu menti, non è il tuo, ma il mio!". Era successo infatti che una delle due aveva soffocato il proprio figlio mentre dormiva e così contendeva davanti a Salomone per avere quello vivo. Allora il re disse ai suoi servi: "Prendete una spada e dividete il bambino in modo che ognuna abbia il suo pezzo". Ma la puttana di cui era il bambino vivo, sentito ciò, disse al re: "Ti scongiuro o signore, date a lei il bambino ma non uccidetelo"; essa infatti era tutta commossa per la sorte del proprio figlio. Al contrario l'altra rispondeva: "Né a me né a te, ma venga diviso". Ed allora il re Salomone dice: "Date alla prima il bambino vivo; essa è la sua madre".

Cap. XII

E Marcolfo alzandosi disse al re: "In che modo hai potuto capire che questa era la madre del bambino?".
Salomone risponde: "Dalla commozione e dal cambiamento del suo volto e per il gran pianto".
Marcolfo: "Non te ne intendi proprio. Credi forse alle lacrime delle donne? Sei un saggio e ignori le arti femminili? Quando la donna piange con gli occhi, ride con il cuore; un occhio piange e l'altro ride; mostra con la faccia ciò che non sente; dice con la bocca ciò che non ha nella testa; ti promette ciò che non vuol mantenere; se muta il suo volto continua a cambiare di pensiero per fantasie varie. Innumerevoli sono le malizie delle femmine".
Salomone: " Tante ha malizie, quante ha doti".
Marcolfo: "Non doti, ma inganni. Esse studiano come possono ingannare chi ci casca".
Salomone: "Non tutte sono ingannatrici o puttane".
Marcolfo: "Un po' più o un po' meno, io ti dico che tutte sono false e puttane".
Salomone: L'unica vera puttana e straputtana fu la donna che ti mise al mondo".
Marcolfo: "Perché mi tratti così o re mio signore?".
Salomone: Perché offendi il gentil sesso. La donna infatti è cosa onesta, desiderabile, degna di onore e di amore".
Marcolfo: "A questo puoi anche aggiungere che è labile e volubile".
Salomone: "Se è labile, lo è per la sua umana natura; se è volubile è per il dovuto piacere. La donna infatti è stata creata dalla costola dell'uomo per aiutarlo e allietarlo. E così si può quasi dire che la donna è morbido spirito".
Marcolfo: "A questo modo si potrebbe anche dire che la donna è un morbido errore".
Salomone: "Tu menti che peggio non si potrebbe; ed è ben pessima persona chi dice solo male quando parla delle donne". Dalla donna nasce ogni essere umano e chi disprezza il genere femminile è oltremodo disprezzabile". A che cosa servono le ricchezze, i regni, le proprietà, l'oro e l'argento, le gemme e le vesti preziose, i sontuosi banchetti, le ore liete, a che servono tutte queste delizie senza la donna? Davvero può dire che il mondo è morto chi è tenuto lontano da questo sesso. La donna genera figli e figlie, li nutre, li ama, li abbraccia, desidera la loro salute e per essa darebbe la sua vita. La donna governa la casa, si preoccupa della salute del marito e della famiglia. La donna rallegra i re, è la dolcezza dei giovani, la consolazione dei vecchi, l'allegria dei ragazzi. La donna è la felicità del giorno e il piacere della notte e allevia le fatiche. Dio conservi le donne, come io desidero, affinché mi seguano dalla nascita alla mia fine.
Marcolfo rispose: "Bene ha detto chi disse che ciò che è nel cuore è sulla bocca". Tu ami molto le donne e perciò le lodi. E fai bene perché tu non deve provare ciò che devi mettere in bocca. Le ricchezze, la nobiltà, la bellezza, la sapienza tua ben ti propiziano l'amore delle donne. Però dico a te che ora le lodi, che prima che sia ora di andare a letto, le maledirai".
Salomone dice: "Tu sei proprio un bugiardo perché io per tutti i giorni della mia vita ho amato e amerò le donne. Ma ora vattene via e stai bene attendo per il futuro a non parlarmi più male delle donne."

Cap. XIII

Allora Marcolfo, se ne uscì dal palazzo, chiamò quella puttana a cui era stato restituito il figlio vivo e le disse: "Ma lo sai che cosa è successo nella reggia di re Salomone?". Ed essa rispose: "Oggi mi è stato restituito mio figlio, ma proprio non so che cosa sia successo dopo di ciò". E Marcolfo: "Il re si è pentito di averti ridato il figlio vivo e di non averlo diviso in due. Perciò ha ordinato che domani tu e la tua compagna siate chiamate a corte; e poi tuo figlio verrà tagliato in due e una metà verrà data a lei e il resto resterà a te". A sentir ciò la puttana disse: "O che cattivo re abbiamo e come sono grami i suoi giudizi!".
E Marcolfo: "E ti devo dire cose ancora peggiori e più gravi. Il re e tutti i suoi consiglieri hanno stabilito che ogni uomo prenda sette mogli. E le donne faranno bene a pensare che cosa conviene loro di fare. Se un uomo prende sette mogli non ci sarà più pace in casa. L'una sarà amata e l'altra disprezzata. Quella che più piacerà al marito, più starà assieme a lui; quella che gli piacerà meno, vedrà il suo letto ben di rado. Una andrà ben vestita e l'altra sarà lasciata nuda. La preferita avrà anelli, gioielli, oro ed argento, vesti colorate e grigie, custodirà le chiavi della casa, sarà onorata, sarà chiamata "signora" da tutta la famiglia e tutte le ricchezze del marito saranno nelle sue mani. E se una sola è così amata, che cosa diranno le altre sei? Se due saranno amate, che diranno le altre cinque. Se tre, che cosa le altre quattro? Se quattro, che cosa le altre tre? Se cinque, che cosa le altre due? Se sei, che cosa dirà l'ultima? Quando le preferite saranno baciate, abbracciate, quando si giaceranno con il marito, non è forse vero che vedendo ciò le altre diranno "Non siamo né vedove né maritate, né con una marito né senza un marito". Ed esse rimpiangeranno di aver perse la loro verginità per niente. Rabbia, risse, liti, contese ed invidia, saranno la regola fra di loro e tra di esse regnerà un odio perpetuo. E se non si pone rimedio a questa sciagurata decisione, l'una preparerà il veleno all'altra e si ammazzeranno l'un l'altra. Sono davvero rattristato. Perciò, tu che sei donna e conosci il sesso femminile, vai in fretta a riferirne a tutte le donne di questa città e di' loro che non devono acconsentire in alcun modo, ma che devono opporsi al re ed ai suoi consiglieri".

Cap. XIV

Dopo aver detto queste cose, Marcolfo se ne tornò quatto quatto alla corte del re e si sedette in un angolo del palazzo.
Invece la puttana che aveva preso per oro colato le sue parole, correva in giro per tutta la città e con gran battersi di mano sul petto, diffondeva ovunque le parole che aveva ascoltato. Vi fu un grande accorrere di matrone, la vicina lo racconta alla propria vicina, ne nasce un grande tumulto e in meno di un'ora tutte le donne della città già si ritrovarono tutte assieme. E a tutte costoro piacque la loro decisione di andare in schiera al palazzo e di penetrarvi fino al re per opporsi alle sue decisioni. Fu così che quasi settemila donne arrivarono alla reggia, la circondarono e con grande slancio sfondarono le porte. E dopo essere arrivate fino al re, coprirono lui e i sui consiglieri di orrende contumelie. Il furore toglieva loro ogni senso della misura e, chi più chi meno, tutte gridavano davanti al re con un enorme tumulto.

Cap. XV

Infine il re, ordinato di forza il silenzio, riuscì a chiedere la ragione di tanto tumulto.
Allora quella che mostrava di essere la più decisa e la più eloquente fra le altre, disse al re: "Tu re, a cui vengono portati oro e argento e pietre preziose e tutte le ricchezze della terra, soddisfi ogni tua volontà e nessuno può resistere al tuo volere. Tu hai una regina e molte regine te le procuri come concubine e giovani donne; e ad ognuna di esse dai quanto vuoi perché tu hai tutto ciò che vuoi. Ma non tutti possono fare così".
Salomone rispose: " Il Signore mi ha unto re di Israele e non potrò forse fare ciò che voglio?".
E la donna: "Soddisfa pure la tua volontà nelle cose tue; ma perché metti il naso nelle cose nostre? Noi siamo donne nobili della stirpe di Abramo e seguiamo la legge di Mosè. Perché mai tu voi cambiare la nostra legge? Tu che devi amare la giustizia, perché vuoi commettere un'ingiustizia?".
A queste parole Salomone, tutto arrabbiato risponde: "Ma quale cavolo di ingiustizia faccio, donna svergognata?".
E la donna: "La grande ingiustizia è che tu vuoi stabilire che ogni uomo prenda sette donne. Davvero questo non sarà possibile a tutti. Non vi è né duca, né conte, né principe che abbia tante ricchezze per soddisfare i desideri di una donna. Che farà mai quando ne avrà sette? È una cosa al di sopra delle forze di un uomo di fare una cosa simile. Sarebbe meglio se una donna potesse prendere sette mariti, i quali lavorino tutti per provvedere alla moglie".
A queste parole Salomone disse ridendo ai suoi: "Questa qui parla proprio bene per la sua categoria. Non pensavo davvero che il numero degli uomini potesse eguagliare la moltitudine delle donne. Questa non solo lo fa eguale, ma persino riesce a moltiplicarlo per sette!".
E allora tutte le donne di Gerusalemme cominciarono a gridare tutte assieme: "Tu sei davvero un re cattivo e maligno e le tue decisioni sono ingiuste. Adesso comprendiamo che è vero ciò che abbiamo sentito dire. Tu ci tratti male e poi ci sfotti davanti a tutto il popolo. O Signore, già fu un brutto periodo quando prima regnava su di noi Saul, peggio ancora fu il periodo di Davide, quanto pessimo è questo in cui regna Salomone!".
Cap. XVI

Allora Salomone, veramente adirato, scoppiò a dire: "Non vi è peggior testa al mondo della testa del serpente e non vi è peggior rabbia di quella della donna. È meglio abitare tra i leoni e i draghi piuttosto che con una trista donna. Ogni malignità è nulla di fronte alla malignità delle donne. Il destino dei peccatori ricada su di lei. Così come per i piedi di un vecchio è pericoloso salire una scarpata sabbiosa, così è pericolosa per l'uomo dabbene la donna linguacciuta. La rabbia e la mancanza di rispetto della donna creano una gran confusione. La donna che comanda è sempre contraria al suo marito. Cuore vile e aspetto gramo e trappola mortale è la donna trista. La donna gelosa è dolore del cuore e afflizione continua. Nella donna non fidata la lingua è un flagello che comunica a tutti ogni segreto. La moglie trista è peggio che portare il giogo dei buoi. La parte cattiva è la moglie cattiva. È meglio tenere uno scorpione che una donna. La donna ubriaca si arrabbia facilmente e non si riesce a nascondere la sua vergogna e turpitudine. La loro libidine si riconosce da come muovono gli occhi e le palpebre. Anche la figlia che si comporta bene, sorvegliala attentamente, affinché, trovata l'occasione non si travi. Guardati da ogni irriverenza dei suoi occhi, e non meravigliarti se ti trascurerà".

Cap. XVII

E mentre Salomone così parlava, si alzò il saggio profeta Nathan e disse: "Perché o mio signore e re, offendi tutte le donne di Gerusalemme?". Salomone rispose: "Ma non hai sentito con quali offese mi hanno ingiuriato, senza alcuna mia colpa?". E Nathan continuò: "Chi vuol essere in pace con i sui sudditi, spesso deve essere cieco, sordo e muto". Salomone risponde: " Al matto bisogna rispondere secondo la sua pazzia".
Allora Marcolfo si alzò da dove stava seduto e disse al re: "Tu hai parlato bene o re, secondo la mia volontà". Salomone: " Come sarebbe a dire?". Marcolfo: "Oggi hai lodato moltissimo le donne, ora le disprezzi molto. È ciò che io volevo; sempre dimostri che io sono veritiero". Salomone: "Che vuoi dire, pendaglio da forca? Non sarai mica stato tu a provocare tutto questo casino?". Marcolfo: "Non io, ma la pochezza d'animo di codeste donne. Non si deve credere a tutto ciò che si sente dire". Allora Salomone, molto arrabbiato, gli disse: "Sparisci e fai sì che mai più ti veda in mezzo agli occhi!". E subito Marcolfo fu buttato fuori dal palazzo.

Cap. XVIII

Ma quelli che stavano presso al re dissero: Il re nostro signore parli alle orecchie di queste donne in modo che se ne vadano".
E il re rivoltosi alle donne disse loro: "Sappia la vostra gentilezza che io sono innocente di fronte a voi e che io non ho nessuna colpa per le cose che sono state dette. È stato quel furfante di ruffiano che avete appena visto, che si è inventato tutto. Io voglio che ogni uomo abbia una moglie e che l'ami fedelmente ed onestamente. Ciò che ho detto delle donne, intendevo dirlo solo delle donne cattive. Chi potrebbe mai dire male di una brava donna? La parte buona è una donna buona. Beato l'uomo che ha una moglie brava, doppio è il numero dei loro anni felici. Con la sua grazia attenta la donna farà piacere al suo uomo e rinsalderà le sue ossa. Il suo ammaestramento viene da Dio. La moglie sensata e non loquace non influisce sull'animo erudito. È una grazia sopra la grazia una moglie casta e pudica. Così come il sole alto nel cielo è lo splendore di Dio, così la donna di buona razza diventa l'ornamento della casa del marito. Come la lucerna che splende sopra il candelabro santo così la bellezza del viso è stabile oltre l'età. Come colonne auree sopra basi d'argento, così stabili sono i piedi sulle piante di una donna salda. Fondamenta eterne su di una pietra solida e poste nel cuore della moglie timorata. Il signore Dio di Israele vi benedica e moltiplichi il seme vostro nelle generazioni dei secoli futuri. E tutte risposero "Amen" e, adorato il re, se ne andarono.

Cap. XIX

Marcolfo, che si rodeva per l'ingiuria fattagli dal re e per il fatto che gli aveva comandato che mai più egli lo potesse vedere in mezzo agli occhi, pensava cosa potesse fare. La notte seguente cadde dal cielo un gran quantità di neve sulla terra. Allora Marcolfo prese un crivello in una mano e una zampa di orso nell'altra, calzò le scarpe al contrario e cominciò a camminare a quattro zampe, come un animale, per le piazze della città. Arrivato così fuori della città, trovò un forno e vi entrò dentro. Passata la notte, si fece giorno; i famigli del re alzandosi trovarono la traccia lasciata da Marcolfo nella neve e, credendo si trattasse della traccia di qualche strano animale, lo riferirono al re. Allora Salomone, con gran numero di cani e con i suoi cacciatori, si mise a seguire la traccia. Arrivato davanti al forno, dove finivano le orme, scese da cavallo per guardare nella bocca del forno. Marcolfo però si era messo ginocchioni, curvato sulla propria faccia, si era calato le braghe e mostrava così le sue natiche ed il culo, l'uccello e i coglioni.
A tal vista disse Salomone: "Chi è che sta qui disteso?". E Marcolfo: "Sono io, Marcolfo". Salomone: "Ma perché ne stai in quel modo?". Marcolfo: "Tu sei stato ad ordinarmi che tu non mi dovevi più guardare negli occhi. E allora se non mi vuoi guardare in mezzo agli occhi, guardami in mezzo al culo".

Cap. XX

A queste parole il re Salomone rimase confuso e svergognato e disse ai suoi "Prendetelo e impiccatelo a un legno". Marcolfo venne prese e allora disse al re: "Signore, mio re, puoi farmi la grazia che io venga almeno sospeso al legno che io sceglierò?". E Salomone rispose "Così sia. Poco m'importa in che modo vieni impiccato".
Ed allora i famigli del re Salomone lo presero e lo portarono fuori della città. E percorsero la valle di Giosofat e poi le pendici del monte Oliveto e arrivarono fino a Gerico; e non riuscirono a trovare un albero che Marcolfo volesse scegliere per esservi appeso. Poi passarono il Giordano e vagarono per tutta l'Arabia senza che Marcolfo riuscisse a decidersi per una pianta. E poi girarono attorno al bosco del Carmelo e per i cedri del Libano e il deserto di Capestri attorno al Mar Rosso, tra Faran e Tofel e Laban e Astarot e Oreb e Cades e Barne e la terra di Moab; e Marcolfo non scelse alcun albero. Poi vagarono per Ebron e Betel e Geromet e Lachis e Eglon e Gaser e Dabir e Gader e Erma e Lebna e Odolla e Maceda; e Marcolfo non si decise a scegliere alcuna pianta per esservi appeso. E così, non riuscendo a trovare una pianta che piacesse a Marcolfo, lo lasciarono andare. E fu così che Marcolfo sfuggì dalle mani del re Salomone.
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